Stress e lavoro dell’operatore sanitario al tempo del COVID-19

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La situazione pandemica alla quale abbiamo dovuto rispondere in qualità di operatori sanitari ci ha messo di fronte a stressor conosciuti ed altri completamente sconosciuti. L’ operatore sanitario, in particolare collocato in aree di degenza, si è trovato per un tempo lunghissimo (circa 3 mesi continuativi) di fronte ad una situazione mai incontrata prima se non per brevi tempi e in condizioni estremamente più accettabili.Il primo stressor è stato rappresentato da ciò che paradossalmente doveva anche essere l’elemento principale di prevenzione, ovvero l’accurato uso dei presidi di protezione individuale (in particolare la completa vestizione protettiva) e il loro uso corretto in conformità ai protocolli di massima sicurezza che, tuttavia, si è rivelato fonte di stress per alcuni ordini di motivi: La necessità di idratarsi al minimo per non dover recarsi ai servizi igienici e quindi doversi svestire e rivestire l’effetto di scarsa se non nulla traspirabilità del DPI che ha determinato sgradevoli sensazioni fisiche la scarsa superficie corporea visibile atta alla comunicazione tra operatori e con i pazienti nonché l’anonimato di ruolo e di identità che la tuta stessa determinava (motivo per il quale spesso si consigliava di apporre una foto personale o almeno di scrivere il proprio nome e qualifica anche con una valenza psicologica) l’estrema difficoltà di comunicare con un paziente che spesso era sottoposto a ventilazione attraverso casco c-pap o intubazione.

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Submitted by Alessandra Banzato
08/06/2021
in the project COMUNICARE AI TEMPI DEL COVID-19

last updated 10/06/2021

Original editing language: Italiano
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