Lettera a un giovane italiano

Queste parole non sono per tutti e se lo fossero perderebbero il loro valore. Se tu che le leggi, giovane italiano, le seguissi, probabilmente ti porterebbero delle rogne. Ma questo è il loro pregio, il non essere perfettamente condivisibili. Tu, nella mia mente, hai diciotto o al massimo venti anni, sei indifferentemente ragazzo o ragazza, e non sai che fare del tuo domani. Sai che bisogna pur scegliere, a questa età; sai che la società richiede un certo indirizzo, uno scopo, le idee ben precise. Sciocchezze. Tutti gli uomini che hanno vissuto su questa terra non sapevano minimamente della loro direzione, al massimo pensavano di saperla, e se qualche meta hanno pur raggiunto è stato il frutto di accadimenti casuali a cui loro, a posteriori o con l’aiuto di una narrazione falsa, hanno dato il nome metaforico di “cammino”. Non esiste progresso vero su questa terra che non sia spirituale e lo spirito si nutre solo di fede e di abbandono. Il cammino che io sono qui a proporti dunque non è una metafora per qualcosa d’altro, ma un vero e proprio prendere lo zaino e gettarti per le campagne, per le valli, per i monti e i paesaggi, a piedi, da solo o in ristretta compagnia, per vedere di cosa è composta sul serio l’Italia, percorrendo vie secondarie e poco battute. Lo so che tutti ti dicono che alla tua età la cosa più giusta da fare sarebbe l’università o trovare subito un lavoro. Non gli credere, o almeno credigli a metà. L’università italiana ha fallito i suoi fini fondamentali, non forma le persone, le istruisce soltanto; e il lavoro, qualsiasi lavoro, anche il meglio pagato, se non è scelto da te come via da percorrere per realizzarti sul serio rischia di abbrutirti per tutta la vita. Quello che ti propinano come fragilità o confusione, cioè il tuo essere indeciso e inesperto della vita, il non saper che diavolo fare di tutta l’energia che senti dentro di te, è l’unica cosa bella e vera che c’è a questo mondo e la tua età, a cavallo tra l’adolescenza e la giovinezza, la parte più pulsante che avrai nella tua esistenza. E’ il cuore di tutto. Se la custodisci adesso e la nutri correttamente nulla potrà più scalfirti veramente per tutto il resto della tua vita. Prendi quello che hai dunque e gettati per strada, perché la salvezza è sempre nell’azione, mai nella riflessione. La prima cosa da fare, in momenti come questi, è abbandonare il frastuono e trovare un luogo ameno dove regna il silenzio, unico vero generatore di senso. Non hai i soldi? Questo non è mai stato un problema per nessuno degli uomini di tutte le epoche che avessero un fuoco dentro. Sei giovane, puoi dormire all’addiaccio se non è inverno: basta un sacco a pelo. Oppure puoi collegarti a internet e cercare un luogo ospitale dove dormire o anche lavorare in cambio di vitto e alloggio. Sei padrone della tua vita e non hai pregiudizi verso nessuno strumento tecnologico perché usandolo così, ovvero per uno scopo reale come mangiare un piatto caldo e dormire in un letto comodo, sarai tu a nobilitarlo e ad elevarlo ad un grado superiore di utilità. Scoprirai che potrai passare giorni, settimane, mesi, anni in giro per l’Italia, scambiando conoscenze e interessi, ascoltando storie ed esplorando luoghi. Non ti esorto a fare questo per un mese, ma per un lungo periodo. L’Italia, il tuo paese, la tua terra, esiste da milioni di anni e gli uomini l’attraversano da secoli. Come pensi di poter capire qualcosa di essa se non cammini per le sue strade almeno un migliaio di giorni e se non vai a piedi? Perfino la bicicletta è un mezzo troppo rapido. Devi vedere tutto attentamente, palmo a palmo, a 4 km all’ora. Hai bisogno di respirare allo stesso ritmo del tuo passo per capire quanta fatica ci vuole per raggiungere l’orizzonte, quanto fiato serve per salire quella collina, quanta concentrazione occorre per passare quel guado senza bagnarti le suole. Hai bisogno di realtà. Hai bisogno di scrutare ogni angolo di bosco, ogni muretto che costeggia la via, ogni traliccio che ti accompagna dall’alto. Devi constatare come ogni artefatto, di pietra o di cemento, abbia il suo perché, ma non in un senso funzionale o peggio etico, bensì in un senso storico. Vuoi toccare con mano come tutto quello che attraversi col corpo sia un libro composto da migliaia di frasi scritte da generazioni diverse, che non sono la tua, ma che sono state giovani come te. Esistono stili e ricorrenze nel paesaggio, da dover osservare e interrogare. Scoprirai così che anche la pianura padana, per esempio, se attraversata a piedi, magari usando le strade bianche tra le risaie o i dossi ai lati dei canali di irrigazione, possiede una bellezza commovente. La luce bianca filtrata dalla nebbia e le sagome degli alberi mano a mano più opache verso il corto orizzonte, diventeranno per te un’immagine che ti parlerà al cuore e non potrai mai più scordarla. Essa ti migliorerà. Molti ti diranno che stai perdendo tempo a girovagare così e che stai facendo qualcosa di pericoloso. Ma sei sicuro che uno stage in qualche impersonale e alienante posto di lavoro non sia altrettanto rischioso? Stare in giro qualche anno, alla tua età, significa tornarsene a casa avendo appena vent’anni! Saresti ancora un cucciolo di uomo pronto e fresco per tutto, sia per l’università che per qualsiasi carriera lavorativa. Ma molto più grande nell’animo dei tuoi coetanei. Andando in giro a piedi infatti potrai incontrare non solo persone in carne ed ossa e faccia a faccia, ma anche te stesso ridotto all’osso, senza fronzoli né sovrastrutture, perché la fatica, la solitudine e il viaggio sono dolorosi, ma sono veri e sinceri e noi uomini sappiamo come trattare simili dolori, al contrario dell’angoscia e il non senso. Non puoi nemmeno immaginare quanto sia bella l’Italia e i suoi mille panorami. Non ne hai idea. Esistono laghi che al tramonto s’illuminano di magia, montagne in vetta alle quali si vede sia il mar Tirreno che l’Adriatico, boschi incantati dove ride il Picchio Verde oggi come al tempo degli etruschi, città dalla forma ancora intatta arroccate su speroni di roccia, torrenti e fiumi nascosti da vegetazioni rigogliose, relitti industriali in fondo a gole abbandonate, necropoli e zone archeologiche abitate solo da rovi e animali selvaggi. Sentirai il tuo passo sui sentieri fruscianti dell’autunno, entrerai in sperduti bar di provincia dove il tempo s’è fermato agli anni ‘70, incontrerai cani solitari che ti accompagneranno inspiegabilmente a destinazione e ti arrenderai infine alla verità che lo fanno solo per il gusto dell’andare in compagnia. L’Italia è così stracolma di arte, storia, natura e bellezza che dopo nemmeno un mese avrai fugato ogni dubbio sul senso del tuo esserti messo in cammino e non potrai non dirti fiero di essere suo figlio. Saprai anzi, più di ogni altro tuo coetaneo rimasto davanti ad uno schermo, cos’è giusto chiamare Italia e chi è degno annoverare tra gli italiani. Scoprirai tutte queste cose come un novello pioniere, in barba ai luoghi più battuti, alle visite e agli orari d’apertura, tant’è che ben presto diffiderai della parola “turismo”. Turismo significa propinare per esperienza il mero consumo delle identità, significa pascolare per luoghi famosi con lo sguardo intiepidito del collezionista di figurine, inanellare in un tempo ordinato esperienze che non possono essere programmate. Lo stupore non coglie davanti alla bellezza, ma davanti alla scoperta inaspettata della bellezza, come quando troviamo un piccolo ponte di pietra sulla nostra via e nessuno se lo immaginava. “Turismo” è una parola nuova, avrà al massimo duecento anni, mentre tu, benché giovanissimo e forse a maggior ragione perché giovanissimo, hai bisogno di parole che affondino le loro radici nell’oblio dei tempi, che siano “originarie”, come per esempio la parola “viaggio”. Quando i più si chiederanno cosa stai facendo, probabilmente useranno l’espressione “vacanza”, ma tu devi sottolineare con forza che non ti stai concedendo nessuna “vacanza”, perché non sei vacante e non stai riempiendo un vuoto. Sei un avventuriero che ha scelto la via più breve per mettersi finalmente e realmente in gioco nella vita: uscire di casa e percorrere le strade polverose. Ma a loro non devi dire così, ti prenderebbero per uno scemo. Ricordati che la maggior parte delle persone che incontrerai non ama chi se ne va in giro senza meta, li chiamano “vagabondi”. I più hanno bisogno di inquadrarti, di sapere perché stai in giro a quel modo. E se ne hanno bisogno loro ne hai bisogno anche tu, perché non sei una monade autosufficiente e il camminatore più di ogni altro vive degli incontri non scelti che fa. Allora, se può esserti utile, dì loro che lo stai facendo per la mappatura del territorio. Che stai descrivendo, tracciando, fotografando lo stato dei sentieri, delle strade bianche, delle campagne italiane e che tutto questo confluirà in un progetto più ampio e riconoscibile. A quel punto sì! potrai tirare fuori la parola “turismo”, potrai dire che lo stai facendo per promuovere il paese, per valorizzarlo, per tutelarlo. E così vedrai che il loro sguardo si addolcirà e tutto sarà più semplice e chiaro. Tutti noi abbiamo bisogno di una maschera che sia socialmente riconoscibile. Indossala e non fare il rigoroso, non essere idealista su queste cose. Molte volte la giovinezza si porta appresso una certa pesantezza filosofica e una scorza dura che non aiuta affatto la convivialità. Ricordati che solo l’orso si può permettere di vagabondare per il mondo sicuro della sua forza ed inattaccabilità. L’uomo no, ha bisogno degli altri, specialmente se giovane e inesperto come te. Cerca quindi di alleggerirti lo zaino di questa stupida zavorra e diventa “leggermente” diverso a seconda di chi hai davanti. Non ti preoccupare, perdere la propria identità è tutta un’altra cosa. Tra coloro che ti ostacoleranno ci potranno essere, con molta probabilità, proprio i tuoi genitori e questa sarà per te la parte più difficile e forse dolorosa. Se non capiscono quello che fai, e quindi quello che sei, è un problema loro: l’amore sano dovrebbe sempre prevedere comprensione e condivisione. Ti ritroverai dunque ad essere più forte di loro. E’ bene che fai subito i conti con questa incredibile verità e, per quanto ti potrà sembrare assurdo, diventare in breve tempo più maturo e adulto dei tuoi stessi genitori. E’ necessario e persino una benedizione. Diffida sempre di coloro che non si sono mai ribellati o non hanno mai avuto contrasti sia con i genitori che con la società. Ciononostante chiamali spesso e amali per quello che sono. Non farti poi tante illusioni romantiche, per riuscire nell’impresa non potrai essere naif o temerario. Serve organizzazione, umiltà e disciplina. Devi diventare come gli animali dei boschi, silenzioso ascoltatore del mondo circostante; devi diventare semplice come le loro ovvie abitudini. La vita del viaggiatore è facile: di giorno si va o si lavora, di sera si scrive e si riflette, di notte si dorme o si ama. Non fare sciocchezze da eroe, non c’è cosa più coraggiosa che tornare indietro sui propri passi. Pianifica sempre ogni cosa con scrupolo, senza pedanteria, divertiti nel farlo. Ricorda che non esistono stagioni vietate al camminatore (se splende il sole è meraviglioso andare anche sulla neve alta), ma giornate proibite. Guardati dal temporale e dalla via difficile in solitaria, come dal sole a picco di luglio e dalle forre dove non prende il cellulare. Ho scritto tutto questo perché so che esisti, che non sei un fantasma o peggio un’invenzione della mia speranza. Ti ho incontrato realmente per le strade ed eri bello. La tua bellezza mi ha mosso alla penna, non altro. Ti ho visto in giro come esempio per i tuoi simili. Avevi venti anni e soffrivi d’amore come di solitudine, ti arrabbiavi per una società ingiusta e per un nichilismo imperante, scrivevi sul taccuino poesie d’amore e ti piaceva bere e mangiare in compagnia. Oppure avevi cinquant’anni e non sapevi che fare della tua vita da quel momento in poi. Avevi l’adolescenza nel cuore, come fragilità e paura, pur essendo trentenne. Avevi gli occhi neri e gli occhi blu, ricolmi di domande; avevi la pelle bianca o mulatta, ma mostrata al sole come un dono della vita. Parlavi italiano o una qualsiasi altra lingua, ma stavi in Italia e la attraversavi con le tue scarpe. A proposito della tue scarpe e dei tuoi piedi: abbi cura di loro, sono loro che ti proteggono e ti conducono. Sono al tuo servizio e allo stesso tempo la congiunzione tra la terra e il cielo che porti nella mente. Se tratti bene loro tratti bene te stesso e chi tratta bene se stesso ha cura del mondo e dell’umanità intera.

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Submitted by Mario Rossi
26/01/2019
in the project Ammapalitalia: geo-referenziazione valorizzare percorsi turistici sostenibili

last updated 26/01/2019

Original editing language: Italiano
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