18 Sistemi di valutazione dell'esperienza turistica
- Objectives
- Nell’ultimo decennio abbiamo assistito ad una evoluzione senza precedenti del viaggio, inteso come esperienza turistica. Il cambiamento si è avuto nella diffusione del prodotto turistico presso fasce di consumatori, che nello scorso decennio non avrebbero mai pensato di fruire di alcuna soluzione commerciale.
- Objectives
- Nell’ultimo decennio abbiamo assistito ad una evoluzione senza precedenti del viaggio, inteso come esperienza turistica. Il cambiamento si è avuto nella diffusione del prodotto turistico presso fasce di consumatori, che nello scorso decennio non avrebbero mai pensato di fruire di alcuna soluzione commerciale.
- Description
GRUPPO 18: SISTEMI DI VALUTAZIONE DELL’ESPERIENZA TIRISTICA
Parte di: Lucrezia Lazzari
Nell’ultimo decennio abbiamo assistito ad una evoluzione senza precedenti del viaggio, inteso come esperienza turistica. Il cambiamento si è avuto nella diffusione del prodotto turistico presso fasce di consumatori, che nello scorso decennio non avrebbero mai pensato di fruire di alcuna soluzione commerciale.
Il sistema sociale stesso si è modificato conformandosi alle nuove mode e ai nuovi canoni di accettazione e stratificazione sociale, basati sulla nuova conformazione del mercato. Pertanto, il peso economico-sociale, del tempo libero e dell’entertainment è diventato sempre più consistente, portando ad una ridefinizione della scala d’importanza dei bisogni di Maslow.
Con il termine inglese backpacking, s’intende un modo di viaggiare, in voga soprattutto tra i giovani, che indica un certo tipo di turista e di turismo. L’espressione deriva a sua volta da backpack (zaino), una sineddoche che descrive al meglio il tipo di viaggiatore: persone il cui obiettivo principale è la conoscenza del luogo, ragion per cui, sacco in spalla, non necessitano d’altro per affrontare al meglio un nuovo, esaltante viaggio.
Il fenomeno, in forte sviluppo in Italia, risulta in ogni modo sconosciuto o quasi. Molto più comune tra i giovani appartenenti ai paesi dell’Europa Settentrionale, che, nell’approssimarsi ad una nuova destinazione, seguono alla regola alcuni dettami del viaggiatore tipo:
Integrarsi nella realtà locale e dunque conoscere nuove persone, visitare luoghi, imparare la lingua del posto.
Parola d’ordine: risparmio. Si viaggia coi mezzi pubblici e si mangia nelle trattorie economiche, attuando una gestione del denaro volta a preservare il più a lungo possibile l’esperienza di viaggio.
Apprendere: fare delle nuove esperienze motivo di crescita personale, giungere alla conoscenza attraverso il confronto con tutto ciò che è diverso.
Mete ambite dai backpackers di tutto il mondo sono le città d’arte e cultura, generalmente grandi capitali europee come Vienna, Parigi, Budapest e Londra. Per saperne di più, esiste un ottimo sito che aiuta i provetti viaggiatori a scegliere al meglio cosa portare con sé, dove andare e come muoversi: the backpacking site(in Inglese).
Mai sentito parlare di ecoturismo?
Trattasi di un modo d iviaggiare volto a preservare l’ambiente ed il benessere delle popolazioni del luogo: non a caso, è anche conosciuto come “turismo responsabile”: una vera e propria presa di coscienza da parte del turista che fa del rispetto la sua parola d’ordine.
Lo sviluppo del fenomeno in Italia riscuote, anno dopo anno, un crescente successo: il numero di operatori ecoturistici si moltiplica e le possibilità di viaggio sono pressoché infinite. Attenzione però: ecoturismo Italia, il portale italiano dell’ecoturismo, avverte che non tutti gli operatori che si auto-definiscono ecoturistici rispettano appieno una serie di regole volte a preservare la destinazione del nostro prossimo viaggio. Un attento operatore specializzato nel settore sostiene:
Una fruizione responsabile delle ricchezze naturali e culturali della meta da raggiungere.
Predilige mezzi di trasporto con scarso impatto ambientale.
Valorizza le caratteristiche del territorio ed i suoi prodotti tipici.
Tra le mete nazionali più ambite dai viaggiatori volti a tutelare l’ambiente ed il territorio, segnaliamo Firenze, Trieste, Cagliari e Cuneo.
Il Turismo incoming: questo sconosciuto.
Con questo termine si indica tutto ciò che viene impiegato nella promozione del territorio: prodotti e servizi volti a valorizzare una determinata regione e favorirne lo sviluppo turistico.
L’Italia investe molto nel turismo, in quanto fonte di reddito importante per il Bel Paese, ma non abbastanza: Francia e Spagna sono veri e propri maestri nella gestione del turismo incoming, con tanto di leggi economiche che regolano vari aspetti del turismo nazionale.
Cosa dire del turismo sostenibile? Per certi aspetti si tratta di una forma di turismo complementare all’ecoturismo, in quanto volta a preservare l’ambiente. Vi si differisce sensibilmente, in quanto tra gli obiettivi principali figurano la preservazione delle risorse e delle possibilità di sviluppo per le generazioni future, ponendosi a sostegno dello sviluppo territoriale.
La tutela dell’ambiente è un tema che sta particolarmente a cuore sia a chi fornisce i propri servizi, sia a chi ne usufruisce. La salvaguardia della natura, in molti casi si traduce con un forte risparmio per i viaggiatori: preservando coste, montagne, vallate e quanto di più bello la natura ha da offrire, si evitano le speculazioni edilizie, permettendo ai viaggiatori di usufruire di soggiorni dal rapporto qualità-prezzo imbattibili.
La rivoluzione del web e dei voli low cost:
Questa nuova conformazione è senz’altro dovuta alla diffusione di internet, all’avvento delle compagnie aeree low cost, oltre che all’aumento del benessere, della tv-dipendenza e l’avvento di nuovi modelli di vita e nuove possibilità ricettive.
È passato diverso tempo da allora e oggi siamo al Turismo 2.0 fatto di condivisione, di esperienze e social life, nell’ottica di viaggio visto come accrescimento culturale e mentale.
Proprio in virtù di queste osservazioni, all’alba di una nuova evoluzione, credo sia necessario abbandonare l’infinità di luoghi comuni che erodono la dottrina turistica, il “petrolio”, la risorsa.
L’evoluzione del turismo e i luoghi comuni
Il turismo stesso non esiste in quanto tale, poiché vi sono o industrie legate all’ospitalità (hotel, agenzie di viaggi, tour operator) oppure legate alla gestione delle attrazioni (parchi divertimenti, musei, escursioni).
Il turismo così come lo vediamo è un fenomeno sociale generico e non un settore dell’economia empirico. Almeno non qui. Bisognerebbe ricalibrare la definizione di turismo ed il suo trattamento in ambito economico-statistico.
Altri luoghi comuni riguardano i concetti di “petrolio” “oro nero” e “giacimento” quando ci si riferisce al patrimonio culturale italiano, presente (la parte maggiore del patrimonio mondiale è italiano) ma consapevolmente non valorizzato (e a volte tutelato) adeguatamente. Se ne parla ormai da anni ma ben poco è cambiato.
Ma come si fa a valorizzare la cultura?
Sicuramente bisogna “mettere in turismo” ossia fare in modo che il patrimonio culturale assurga ad attrattore turistico.
Fare questo non significa trasformare il patrimonio culturale in una Disney fatta di colori e slogan accattivanti (sebbene la Disney sia una delle più grosse aziende di intrattenimento mondiale ed in fatto di gestione dei visitatori ci sarebbe solo da imparare), ma piuttosto deve significare dare un’utilità socio-economica e non solo storico-artistica.
I dati sul turismo culturale
La motivazione culturale influenza il 40% dei turisti internazionali che visitano il nostro Paese. La spesa complessiva dei turisti “culturali” arriva a 9,3 miliardi di euro, di cui un 60% è generata da stranieri, pertanto la cultura va vista come risorsa e occorre andare oltre il restaurare, repertoriare, archiviare e proteggere.
Quello è fuori discussione. Adesso abbiamo bisogno di valo-tutelare per onore del bello e per monetarizzare (preservando), se questo sia possibile in un sistema in cui aumenta la tassa di soggiorno negli alberghi e gli introiti derivanti non vengono investiti nel settore di provenienza.
Lo sviluppo passa per la formazione
Bisogna studiare i modelli di sviluppo dare voce e corpo ai lab universitari che potrebbero trovare un grande bacino di produzione scientifica all’interno del fenomeno turistico, andando a ricoprire i più svariati ambiti.
Creare fucine scientifiche che possano riconnettersi al territorio, creare una logica di integrazione dei dati contenuti in rete, rendere i dati accessibili (attendibili) e visibili in immediato, realizzando sistemi di interoperabilità attraverso la digitalizzazione del prodotto culturale e – perché no? – definendo strategie di comunicazione per i musei e poli culturali lasciati alla polvere.
Combattiamo per migliorare le cose in un Paese che forse migliorerebbe da solo come tutti gli altri, se solo fosse consentito il ricambio generazionale e quindi la naturale evoluzione dei suoi impiegati.
Investire di più per creare occupazione
Investire nella cultura e nella sua valorizzazione, puntare sull’innovazione, sarebbe una strada per combattere la disoccupazione, poiché si potrebbero aprire fronti praticamente inesplorati di occupazione in Italia. Oggi un archeologo, in Italia, ha pochissime possibilità di fare quello per cui ha studiato dignitosamente.
Accade proprio In Italia? Nel Paese in cui ci sono la maggior parte dei siti di interesse archeologico? Dove non si riesce a fare uno scavo senza inciampare in un nuovo sito d’interesse? In questo campo c’è ancora molto da fare e quello che è stato fatto ormai è da rifare.
Spesso (in Italia) si pensa ai beni culturali con l’unica missione di preservare per le generazioni future, come se noi non fossimo inclusi nel loro godimento, come se noi non potessimo goderne, come se a noi non servisse mostrarli o osservarli, ma soltanto tutelarli (ammesso che lo siano davvero, ma non sempre è così).
Cambiare approccio per invertire la tendenza
È questa l’equazione che si instaura nella nostra mente ma che non corrisponde a realtà (fortunatamente): più vietiamo o nascondiamo, più mettiamo al riparo dei flash e più tuteliamo. In realtà è fondamentale valorizzare una risorsa: è falso sostenere che più si valorizza e si mette in mostra e più il bene è in pericolo, è mercificato.
Come è stato sostenuto da Antonio Preiti in un suo articolo “…i musei sono praterie da riempire e non riserve da preservare. Sono luoghi in sintonia con le pulsioni della città, non luoghi asettici, improntati alla retorica del bello senza conseguenze… ”.
Le chiavi del rilancio di una destinazione
Ovviamente per il rilancio di una destinazione non basta la cultura, altrimenti Atene sarebbe la città turistica per eccellenza. Non basta la testimonianza storica nelle cose, serve lasciare un’esperienza evocativa legata ad essa, creare engagement a livello museale e attrattivo locale.
Ma non basta neanche solo questo, non basta solo il paesaggio, altrimenti tutti andremmo ai Caraibi e Rimini non sarebbe tra le più visitate destinazioni italiane.
Proprio in quest’ottica è possibile fondere i concetti di valorizzazione della cultura e ospitalità, riscoprendo tutta quella serie di peculiarità territoriali, anche immateriali che formano il patrimonio culturale-rurale di questi piccoli borghi e valorizzarlo, veicolarlo fino al consumatore finale, rendendo visibile quello che ora è invisibile fuori dal borgo, facendogli parlare la lingua del consumatore.
Ciò non significa snaturalro o mercificarlo, significa renderlo fruibile. Ovviamente tutto questo è possibile attraverso l’implementazione di connessioni, infrastrutture fisiche e digitali (l’83% delle aziende fallite nel 2013 non era presente sul web), collaborazione.
La nascita degli albeghi diffusi e degli ecomusei
Su questa onda abbiamo assistito alla nascita di alberghi diffusi, eco-musei, slow food e quindi la necessità di emozionare, assaporare e quindi – perché no? – pensare ad uno slow tourism, fondato su una mobilità dolce, che consente e favorisce l’esperienzialità.
L’ecomuseo rappresenta uno dei progetti più importanti in questo senso, assieme all’albergo diffuso, alle masserie didattiche e anche all’airbnb. Al di là dei pregi connessi alla riscoperta dei luoghi per chi in quei luoghi già ci vive, alla riscoperta del concetto di comunità, abbiamo una mission che si riconnette bene a tutto quanto detto sin ora. “…Un ecomuseo colleziona frammenti di un patrimonio e li mette a disposizone dell’intera collettività…”.
Come dicevamo riscoperta della comunità, voglia di valorizzare, mettersi in rete, in poche parole: cultura dal basso, promozione e storytelling dalla realtà delle comunità urbane e rurali.
Il ruolo dei social: il caso di successo di #Secutame
Tutto ciò può raggiungere un orizzonte di produttività e comunicatività enorme se associato ad una buona social media strategy o a prodotti comunicativi innovativi.
Un interessante esempio è quello di #Secutame in Salento, ovvero di un vero e proprio social book contenente una social guide. Attraverso l’hashtag di #Secutame chiunque può segnalare e contribuire alla costruzione di una social guide nata dal basso, profondamente esperienziale e fusa con il territorio, che può essere richiamata in tempo reale e stampata in pdf.
Più visitatori con il content marketing
Il consumatore è sempre più volatile e infedele. Nella prima metà del 2014 vediamo in vetta alle classifiche di spesa negli hotel italiani sempre i cinesi con 170 euro a notte (-9% rispetto allo scorso anno) e russi e giapponesi a -6% (ricerca Hotels.com).
La Spagna tocca i 45 milioni di arrivi per i primi otto mesi del 2014 con una crescita di quasi il 9% rispetto all’anno precedente. Gli equilibri cambiano continuamente e non dobbiamo perderli di vista.
C’è bisogno di attrarre continuamente e attraverso nuovi stimoli, attraverso una strategia di contenuti (Content marketing), magari legati all’italianità, raccontare con metafore nuove il territorio e i prodotti/servizi che offre ascoltando il mercato.
Food Tourism, la nuova carta vincente del Made in Italy
Un prodotto interessante, in questo senso può essere costituito dal Food Tourism, che in un’ottica di valorizzazione del Made in Italy affonda il suo essere nelle tradizioni locali e si reinventa attraverso le nuove tecniche social.
I dati evidenziano che è sempre maggiore la fetta dei turisti che si lascia influenzare dalle caratteristiche enogastronomiche durante la scelta di un viaggio. In Italia siamo passati da un 2008 con il 4,7% di turisti espressamente interessati all’enogastronomia al 2012 con un 6,6%, in cui c’è un aumento quasi doppio di stranieri (Olanda e Germania in testa).
In questo contesto non è difficile pensare ad una “patrimonializzazione delle specialità locali e quindi una riscoperta, la costruzione di un’offerta dedicata, inserendosi in quelli che sono processi di riqualificazione rurale, slow tourism e slow food.
Evidentemente i Foodies (Fox, 2007) sono attratti dal carattere esperienziale del cibo, dal legame con gli ambienti naturali, dalla possibilità di sentirsi più “vicini” alle tradizioni locali.
Ed è in questi stessi caratteri di spinta che si va a collocare tutta l’offerta turistica italiana, toccando corde sempre più intrinseche ma profondamente sconosciute e inesplorate. Ripartire sembra richiedere prima di tutto coscienza piuttosto che coraggio economico.
FONTI:
http://www.liligo.it/magazine-viaggiatore/le-nuove-forme-di-turismo-259.html
- Type of learning path
- sequence
- Path nodes
Submitted by
Lucrezia Lazzari
28/01/2018
in the project 18 Sistemi di valutazione dell'esperienza turistica
last updated by Stefano Lariccia -- 25/03/2018
No comments yet.
Please log in to leave a comment.